È possibile remunerare un dipendente o un collaboratore assegnandogli quote di partecipazione al capitale sociale della società, anziché retribuirlo in denaro?
Sì, questo è possibile e si chiama “Work for Equity” introdotto dal D.L. n. 179/2012 (Decreto Crescita 2.0), poi esteso dal D.L. n. 3/2015.
Il “Work for Equity” è una pratica che prevede un accordo in cui i dipendenti, consulenti o collaboratori di una startup innovativa accettano di ricevere una parte della loro remunerazione sotto forma di quote o azioni dell’azienda, anziché ricevere un compenso monetario tradizionale.
Questa soluzione è particolarmente diffusa nel mondo delle startup e PMI innovative, dove è comune che le risorse finanziarie siano limitate, ma al tempo stesso le prospettive di crescita possono essere molto elevate, e sono spesso i dipendenti stessi od i collaboratori a caldeggiare questa possibilità.
Quali sono quindi i vantaggi per l’azienda dall’utilizzo del Work for Equity?
L’azienda può così avere un impatto sulla riduzione delle spese finanziarie, mentre i lavoratori autonomi sono incentivati nella loro attività grazie alla partecipazione agli utili societari, il tutto accompagnato anche da un concreto vantaggio fiscale.
In sintesi quindi quali sono i motivi per cui non rinunciarvi:
- Attrazione di talenti: Offrire equity in cambio di lavoro può essere un forte incentivo per attrarre professionisti competenti che credono nel potenziale dell’azienda e sono disposti a investire il loro tempo e le loro competenze in cambio di una quota del successo futuro.
- Condivisione dell’obiettivo: Concedere quote di partecipazione ai dipendenti genera un significativo allineamento degli obiettivi condivisi tra i collaboratori e l’azienda. I dipendenti che detengono una parte dell’impresa tendono a essere più motivati a contribuire al suo successo nel lungo periodo, poiché il loro guadagno è strettamente legato al buon andamento dell’azienda.
- Risparmio di Liquidità: Durante una fase in cui preservare la liquidità è essenziale per la sopravvivenza e la crescita, il Work for Equity consente alle startup di risparmiare fondi che possono essere reinvestiti in settori cruciali come ricerca e sviluppo, marketing o espansione del mercato.
- Incentivi per il lavoratore/collaboratore: La remunerazione così fatta è esente da tassazione, sia al momento in cui il lavoro o servizio è completato sia quando vengono emesse le azioni o quote, e la successiva cessione delle quote per le quali si è fruito della detassazione sarà tassata secondo le regole ordinarie. I collaboratori potrebbero richiedere una combinazione di stipendio e equity per bilanciare la sicurezza finanziaria con il potenziale di guadagno.
Lo statuto delle imprese che intendono adottare questa disciplina deve essere valutato attentamente con il Commercialista per includere la possibilità di implementare politiche di work for equity. Inoltre, deve consentire l’emissione di strumenti finanziari partecipativi in cambio di apporti di opere o servizi, assicurando così un quadro normativo chiaro e trasparente per tutti i collaboratori coinvolti.
Perché è ancora poco diffuso come strumento tra le aziende?
Le start-up e le PMI innovative che intendono applicare questo strumento devono regolare i termini e le condizioni attraverso la redazione di uno specifico accordo: un documento che deve prevedere nel dettaglio il tipo di opera o il servizio da rendere e la valorizzazione degli apporti e particolare attenzione deve essere prestata, appunto, alla valorizzazione degli apporti dei professionisti.
A tal fine le start-up e le PMI devono predisporre una perizia di stima, redatta da un esperto (dottore Commercialista o revisore legale) nominato dalle parti, al fine di valorizzare economicamente le prestazioni d’opera o i servizi resi verso quote o strumenti finanziari partecipativi.
Purtroppo, essendo uno strumento di remunerazione, è innegabile che risulterebbe più oneroso rispetto ad un normale pagamento effettuato secondo le modalità ordinarie. Basti pensare ai costi di perizia e alle spese notarili per il trasferimento. E inoltre è naturale che spesso i fondatori possano essere restii a condividere l’idea imprenditoriale con chi non l’ha vissuta e pensata fin dal principio.
Al tempo stesso non sono certo banali i vantaggi sopra elencati.
Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore mirato a semplificare le procedure, nell’ottica di favorire l’adozione dello strumento, così da stimolare l’imprenditorialità e facilitare la creazione di startup e PMI innovative, coinvolgendo in maniera agile dei professionisti qualificati disposti a contribuire con il loro know-how per sviluppare e consolidare il business.
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